Il Fosso di Helm

Approfondimenti

Il Disastro dei Campi Iridati

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Una volta sconfitto Sauron, Isildur fece ritorno al reame affidatogli dal padre Elendil, Gondor. Vi restò un anno, e durante quell’anno provvide a ristabilire l’ordine. Ma a nord lo attendeva il reame di Arnor, un tempo sotto il dominio di Elendil e ora, a causa della morte di quest’ultimo, divenuto possesso di Isildur. Così Isildur affidò Gondor al nipote, Meneldil, e partì ai primi di Iavanneth, (il nostro settembre), contando di raggiungere Granburrone, dove aveva lasciato la moglie e suo figlio Valandil, in circa quaranta giorni. Isildur aveva intenzione di partire da Osgiliath e procedere verso nord lungo le valli dell’Anduin, fino a raggiungere l’Altopasso, superato il quale si sarebbe trovato a breve distanza da Granburrone. Egli partì con i tre figli Elendur, Aratan e Ciryon scortato da duecento valorosissimi soldati. Il ventesimo giorno, quando arrivarono in vista di Bosco Atro, una fitta pioggia li accolse, costringendoli ad allontanarsi dall’Anduin perché questi rischiava di straripare. Il trentesimo giorno superarono i limiti settentrionali dei Campi Iridati, e a tramonto inoltrato, videro un gran numero di Orchi provenienti da Bosco Atro attaccarli.

 Non era possibile quantificare le forze nemiche; ad ogni modo, il rapporto Dúnedain-Orchetti era intorno agli 1 contro 10. Isildur ordinò di disporre una muraglia di scudi su due file serrate, che all’occorrenza potevano chiudersi formando un cerchio. Mentre gli Orchi si stavano avvicinando, Isildur si rivolse al suo scudiero, Othar, e gli porse un fodero con i frammenti di Narsil, la spada di Elendil, orinandogli di portarla in salvo a qualsiasi costo. Dapprima gli Orchi fecero cadere un pioggia di frecce sui soldati, ma le loro corazze númenórean ressero bene; poi tentarono un attacco diretto contro la muraglia di scudi, ma vennero respinti dalle lunghe lance dei soldati di Isildur.

L’ondata di Orchetti si ritirò, lasciandosi dietro un mucchio di Orchetti morti e senza aver inflitto la minima perdita ai Dúnedain. Così Isildur condusse il suo esercito in fondo alla valle, convinto che gli Orchetti non avrebbero più attaccato; mentre scendeva la notte, percorso che ebbero un miglio in direzione dell’Anduin, i soldati númenóreani si videro accerchiare a un enorme esercito di Orchetti, che avevano formato un cerchio perfetto che si chiuse intorno a loro. Gli Orchi si fermarono a distanza di sicurezza, fuori dalla portata degli archi Númenórean, anche se Isildur disponesse di soli venti arcieri. Ad un certo punto si udì un suono di corni, e gli Orchetti si avventarono con terribile ferocia sull’esercito dei Dúnedain. Gli Orchi pagavano uno scotto di uno a cinque, ma era il massimo che potessero fare. Durante questo scontro cadde Ciryon, e Aratan morì cercando di salvarlo. Elendur, allora, andò da Isildur, che stava riorganizzando le forza nel settore est, e gli pregò di scappare, portando in salvo l’Anello che questi aveva strappato a Sauron due anni prima. Isildur allora infilò l’Anello e scomparì: tuttavia, era ancora visibile il suo Elendilmir, la stella argentata che i Re di Arnor portano sulla fronte; allora si coprì con il cappuccio, e fuggì verso il corso dell’Anduin a fondovalle.

 Giunto alle rive del Grande fiume, si tolse la corazza e le armi più pesanti, rimanendo solo con una corta spada appesa alla cintura. L’Anduin era un fiume difficile da attraversare a nuoto persino per un Dúnedain forte come lui. Dapprima cercò di attraversarlo in linea retta da una sponda all’altra, poi, visto che la corrente lo sospingeva a sud, si diresse controcorrente, verso nord. D’un tratto rimase intrappolato fra erbe e giunchi del corso d’acqua, e nel tentativo di liberarsi l’Anello, ansioso di liberarsi dell’attuale padrone, gli cadde, là dove non l’avrebbe potuto trovare mai più. Isildur uscì dall’acqua su un isolotto non lontano dalla riva occidentale, ma per sua sfortuna egli era tornato visibile e gli Orchetti che pattugliavano quelle zone lo videro molto bene. Essi scagliarono tutte le loro frecce e scapparono, ma inutilmente: i loro dardi trafissero cuore e gola di Isildur, senza che egli potesse emettere un grido; e nessuno lo vide mai più sulla Terra di Mezzo.

Si rimanda anche all'articolo di Almavarno "L'ultimo viaggio di Isildur" in Approfondimenti-Altro.

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