di Humphrey CARPENTER
Traduzione dall'inglese: Franca Malagò e Paolo Pugni
Titolo originale: J.R.R. Tolkien (A Biography) (1977)
Revisione e aggiornamento della traduzione a cura di Andrea Monda
Torino, 2009, Lindau (Le comete)
ISBN: 978-88-7180-806-2
pagine: 432, prezzo: € 24,00
La mitica biografia del Professore, aggiornata e revisionata rispetto alle precedenti edizioni!
Note di copertina
Tolkien non apprezzava del tutto le biografie. O, meglio, non gli piaceva l'uso di questo genere letterario come strumento critico. «Una delle mie più radicate convinzioni», disse una volta, «è che investigare sulla vita di un autore sia un modo inutile e sbagliato di accostarsi alle sue opere». Ma era senza dubbio consapevole che visto l'enorme successo dei suoi romanzi qualcuno dopo la sua morte ne avrebbe pubblicata una su di lui. Negli ultimi anni della sua esistenza fece qualche «preparativo», annotando con spiegazion e commenti vecchie lettere e documenti, e scrivendo anche qualche pagina sulla sua infanzia.
Questo libro nasce innanzitutto dalla lettura di quei testi, in gran parte inediti, cui Humphrey Carpenter ha avuto accesso grazie alla generosità dei quattro figli di Tolkien, oltre che dai ricordi delle tante persone che lo hanno conosciuto da vicino. È quindi lecito sperare che il risultato non sia lontano da ciò che lo scrittore aveva in mente. Carpenter ricostruisce con grande ricchezza di dettagli il contesto storico e culturale in cui Tolkien si formò e lavorò, rievoca l'ambiente familiare e la cerchia dele amicizie (su tutte, il gruppo degli Inklings, con C.S. Lewis), si sofferma sulla genesi dei suoi capolavori e sottolinea la valenza religiosa della sua opera.
Il ritratto a tutto tondo che, pagina dopo pagina, prende forma è straordinariamente suggestivo e per molti versi soprendente, specie se si pensa che nella stortia della letteratura pochissimi scrittori hanno creato un universo fantastico così complesso e ricco, e in grado di esercitare una così irresistibile attrazione su diverse generazioni di lettori. È come «se uno strano spirito avesse assunto le sembianze di un professore di una certa età», scrive Humphrey Carpenter.
Almavarno
di Stratford CALDECOTT
Traduzione: Diana Mengo
Titolo originale: Secret Fire. The Spiritual Vision of J.R.R. Tolkien (2003)
Torino, 2009, Lindau (I Pellicani)
ISBN: 978-88-7180-785-2
pagine: 200, prezzo: € 19,00
Note di copertina
Il Signore degli Anelli è stato, dopo la Bibbia, il libro più letto del XX secolo. Diverse le ragioni di questo eccezionale successo. L'opera di Tolkien è un riconosciuto capolavoro e ha dato forma a un nuovo genere della letteratura moderna, destinato a una fortuna che sembra inesauribile. In essa si dispiega un universo affollato, complesso e di straordinaria suggestione, che cattura i lettori con la sua rappresentazione della virtù e dell'eroismo, della bellezza e dell'onore. Ma il vero segreto della sua irresistibile capacità di attrazione risiede nell'intensità spirituale e nella forza simbolica del suo messaggio profondamente cristiano.
La maggioranza dei lettori non è consapevole del fatto che Tolkien era un cattolico devoto e che la sua opera abbonda di riferimenti al cristianesimo e alle Sacre Scritture. Per molti, anzi, la sua visione della natura e la sua concezione della tecnica lo renderebbero il campione di un neopaganesimo moderno.
Stratford Caldecott smonta elgantemente questo pregiudizio. Addentrandosi nella saga tolkieniana (e in molti scritti privati, rimasti a lungo inediti), svela i valori più autentici, e sorprendenti, di uno scrittore per il quale la religione di Cristo non ha affatto abolito la conoscenza poetica del mondo.
Prefazione di Andrea Monda
Non ricordo più in quale libro ho letto, ormai tanto tempo fa, che Il signore degli anelli di J.R.R.Tolkien secondo alcune statistiche dovrebbe essere il libro più letto al mondo dopo la Bibbia. Non mi interessa conoscere la fondatezza di tale rilevazione, l’accostamento dal punto di vista qualitativo mi appare molto più rilevante e stimolante. Esiste un legame (e di che tipo) tra i primi due libri letti al mondo? Penso che questo legame ci sia e anche molto stretto. Innanzitutto perché il romanzo di Tolkien è un frutto della letteratura occidentale, un frutto che ha ormai il sapore del “classico”, e la letteratura occidentale è a sua volta, secondo la lezione del critico canadese Northrop Frye, un frutto della Bibbia, il Grande Codice, la “matrice” delle grandi opere narrative degli ultimi due millenni. Da questo punto di vista il presente saggio di Greta Bertani è un esperimento che segue altri libri simili (penso ad esempio ai saggi di Pietro Boitani) e potrebbe precedere un’infinità di tentativi analoghi: cercare tracce delle Sacre Scritture nelle scritture degli uomini è una sfida nascosta in ogni grande libro che attende il critico accorto e aperto a cogliere gli stimoli (un libro che non stimola è un controsenso). Greta Bertani è un critico accorto; cioè uno che non fa come quelle persone di cui parla il suddetto Frye quando scrive che “La normale reazione degli uomini di fronte ad una grande costruzione culturale come la Bibbia è fare quello che i Filistei fecero a Sansone: ridurla all’impotenza e quindi rinchiuderla in un mulino a macinare i nostri risentimenti e pregiudizi. Ma i suoi capelli come quelli di Sansone, potrebbero forse anche lì cominciare a ricrescere”. La Bertani insomma dà alla Bibbia ciò che le compete, dimostrando una notevole conoscenza del testo sacro (e questo è uno degli aspetti più interessanti del saggio), lasciandole lo spazio per esprimere tutte le inesauribili potenzialità, limitandole soltanto al focus del suo lavoro: l’opera narrativa di Tolkien.
La Bibbia e le opere principali dello scrittore inglese (Il Silmarillion e Il signore degli anelli) dialogano tra loro lungo tutto il percorso dell’indagine della Bertani illuminandosi a vicenda e finendo per offrire al lettore un testo non solo saggistico o filologico, ma anche spirituale.
L’accostamento tra le opere di Tolkien e la Bibbia non è una novità, talmente evidente è l’influenza che Antico e Nuovo Testamento hanno esercitato sulla vita e la scrittura del narratore-filologo, ma un saggio dedicato interamente a questo tema risulta, almeno in Italia, un primo esperimento che va salutato con gioia.
Ognuno ha il suo “apritore di occhi” dirà Bilbo al termine del Concilio di Elrond e confesso che anch’io ho avuto qualche “sorpresa” durante la lettura di questo saggio. Ad esempio non avevo mai riflettuto su una cosa peraltro evidente che la Bertani afferma rispetto al viaggio di Frodo, e cioè che senza Gollum né Frodo né Sam “avrebbero mai potuto raggiungere Monte Fato”. Questo piccolo (e ovvio) dettaglio mi ha fatto riflettere nuovamente, con occhi più aperti, sul cuore del romanzo che è quello strano trio di hobbit (Frodo, Sam e Gollum) visti da Tolkien nella loro “discesa agli inferi” di Mordor. Oppure l’accostamento tra la figura di Boromir con quella di San Pietro, sorprendente ma anche molto stimolante e, soprattutto, pieno di speranza.
Il presente saggio non dovrebbe riaprire (in Italia il condizionale è sempre d’obbligo) la strana discussione, che da anni si trascina nel nostro paese, intorno alla “lettura cattolica” dell’opera narrativa di Tolkien: la Bertani come non intende ridurre in cattività la Bibbia, così non vuole rinchiudere la ricchezza dei romanzi tolkieniani nella prigione dorata dell’allegoria, ma solo esprimere tutte le risonanze che la lettura di quei romanzi provocano in una lettrice che, proprio come Tolkien, si è nutrita sin dalla giovinezza attingendo e gustando le bellezze del testo biblico.
La “compagnia” dei commentatori italiani di Tolkien che hanno messo in risalto la dimensione religiosa di questa “opera fondamentalmente cattolica” (secondo la definizione dello stesso autore) registra ora una new entry, che si fa subito apprezzare per la tenacia tutta hobbit con cui ha tenuto la barra al centro durante la sua difficile navigazione, e il “centro” è la grande passione che nutre per i due libri più letti al mondo.
Il Fosso di Helm